mercoledì 13 agosto 2014

diario di una ragazza indaco


LUNEDÌ 11 AGOSTO 2014

Le malattie energetiche - Prima Parte

Le malattie energetiche 
ed il nostro approccio ad esse

Prima Parte









Il nostro sistema energetico è alla base del funzionamento del nostro essere fisico, mentale, emozionale e anche spirituale. Nel momento in cui i nostri centri energetici perdono il loro equilibrio, gli effetti di ciò si ripercuotono sul nostro essere ad ogni livello e in ultima analisi a livello fisico generando malattie.

Di seguito saranno citate varie "forme" e meccanismi emozionali che possono causare e manifestare i vari squilibri energetici nell'essere umano.



L'INSICUREZZA

Tra le diverse forme complesse di manifestazione delle malattie energetiche, trova posto anche l’Insicurezza. Ben nota a tutti, è la rocciosa nemica che si oppone nelle nostre scelte più, o meno, importanti. Affrontarla non è affatto facile, ma esistono dei sistemi per comprenderla, evitarla o estinguerla.
L’Insicurezza è quello stato mentale che ci sottomette nel momento in cui operiamo delle scelte rilevanti o azzardate. Nei casi peggiori, si può anche riscontrare nelle decisioni più semplici e quotidiane, scaturendo tra dubbi, mille domande e altrettante obiezioni.


Questa malattia energetica si manifesta traendo origine dall’Attaccamento, al quale però si aggiunge la Paura. Si può dire, pertanto, che l’Insicurezza è l’evoluzione dell’Attaccamento, e proprio per questa ragione si rende necessaria una terapia che prenda spunto dal Distacco. Ciò, tuttavia, non sarà sufficiente in quanto è indispensabile agire inizialmente sulla Paura e solo in un secondo tempo si potrà ottenere un risultato positivo col favore del Distacco. l’unico iter efficiente, quindi, sarà quello di confidare sulla Presenza, da intendersi nell’ormai famosa espressione del qui e adesso, e operare poi per mezzo del Distacco.


La Paura, in collaborazione con l’Attaccamento, genera l’Insicurezza e da essa ne trae alimento. Maggiore sarà il nutrimento e più manifesta sarà l’Insicurezza, fino a raggiungere le situazioni più semplici e quotidiane scadendo, infine, nel costante stato di incertezza continuativo dei casi peggiori. La tempestività di intervento è pertanto decisiva, attendere troppo a lungo o lasciare che l’Insicurezza doni massima forza alla Paura può provocare gravi problemi, proprio in virtù del fatto che quest’ultima otterrà energia sufficiente per garantirsi l’apertura di nuovi nutrimenti, generabili dalle altre forme base: Rancore, Giudizio e Abbandono. Quindi, se possibile, è opportuno agire immediatamente, onde evitare la necessità di terapie multi direzionali più complesse e opposizioni mentali eccessive.


A livello fisico, l’Insicurezza colpisce le stesse aree dell’Attaccamento, influenzandone in modo più ragguardevole gli effetti. Le gambe, gli organi sessuali, gli intestini, nonché le ghiandole surrenali, sono i bersagli principali e le malattie ivi manifeste possono essere anche gravi.


È da tenere presente, inoltre, che l’eccesso di sicurezza non differisce dall’Insicurezza, se non per carattere o direzione. Essa, infatti, è comunque una sua espressione, diversa da quella classica e naturale, ma pur sempre facente parte della medesima matrice.


Un buon sistema per alleviare la morsa dell’Insicurezza è quello di rendersi presenti nell’adesso e osservare i casi della vita come semplici, seppur mirabili, esperienze personali, e senza dare eccessiva importanza ad eventuali errori di scelta o relative decisioni sbagliate. Ogni errore è utile per imparare ed evolvere, tuttavia non deve essere inteso come una lacuna incurabile del nostro essere. Valutare con lieve e ponderato distacco ogni dubbio, chiedendosi quanta importanza merita sul serio ogni bivio e l’eventuale possibile errore nella scelta, è l’atteggiamento corretto e salutare per vivere con serena disinvoltura la propria esistenza.


IL SENSO DI DIPENDENZA

Particolarmente diffusa, e forse la più semplice da riscontrare, è la malattia energetica del senso di dipendenza. Si nota facilmente se riferita ad oggetti di possesso, ma non occorre un occhio esperto per scoprirne la matrice anche nei rapporti personali tra le persone. Nonostante l’incisiva diffusione e la sufficientemente palese manifestazione, resta a tutti gli effetti un arduo nemico, e spesso una dura lotta interiore non basta per scardinarla.

Questa malattia nasce dalla concomitanza di altre due, quali il rancore e l’abbandono. Non è necessariamente potente, sebbene le sue radici penetrino fin nell’intimo, condizionando le scelte nei confronti di situazioni, condizioni, persone e decisioni. Può fare riferimento sia ad oggetti che a persone, definendo le relazioni sia con gli uni che con gli altri. Una possibile manifestazione, definibile come classica, riguarda la dipendenza dal fumo o dall’alcol, oppure shopping o quant’altro possa risultare mentalmente indispensabile per ottenere appagamento psicofisico. Un aspetto importante riguarda la sfera sessuale, dove il senso di dipendenza può prendere colore in tutte le sue infinite sfumature e condizionare in modo devastante la vita di una persona.


Purtroppo, tale malattia gioca tiri mancini, generando improbabili necessità impellenti, che successivamente devono assolutamente essere soddisfatte, a tutti i costi, per trovar pace nel nostro essere. Ovviamente, quella pace non si troverà mai, ma nel momento in cui siamo preda della dipendenza non esiste alcun verso contrario che risulti plausibile. In altre parole, una volta nella rete, è troppo tardi. In realtà le cose non stanno così, anzi, è decisamente possibile uscirne, e per farlo occorre comprendere che le necessità, che sentiamo prioritarie, non ci appartengono. Una possibile strada è proprio quella di non cedere al bisogno mentale, vivendo la condizione come un eventuale vizio o piacere personale, piuttosto che come morbosa incombenza.


Tuttavia, questo approccio non sarà sufficiente per controbattere la malattia del senso di dipendenza. Essa, infatti, non può essere sconfitta colpendola frontalmente, ma è indispensabile porre come bersaglio le due basi che la compongono, il rancore e l’abbandono. Colpendo le due fondamenta, alimentando pertanto la fiducia e lasincerità, essa crollerà senza opporre eccessiva resistenza.


In questo senso, è consigliabile trovare maggiore fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità, evitare situazioni rancorose o di vendetta, non crearsi in nessun caso aspettative di abbandono e non persistere in situazioni e condizioni palesemente inutili o prive di significato alcuno. Quanto detto, va riferito sia ad oggetti di possesso, azioni o reazioni insite ed istintive non commisurate, sia a relazioni stantie e torbide con persone che non hanno più nulla a che vedere con la nostra vita, o anche per quanto riguarda la sfera sessuale, particolarmente pericolosa in questa malattia energetica.


Un genere di relazione a specchio, che può risultare stimolante e al tempo stesso pericolosa, è rappresentata da coloro i quali soffrono della malattia energetica del senso di inferiorità, particolarmente attratti dalla condizione di dipendenza altrui e facilmente penetranti fino al cuore della nostra stessa compatibilità. In questi casi le due malattie si alimentano a vicenda, e uscirne diviene un’impresa di non poco spessore. Al primo segnale è consigliabile valutare bene la situazione e considerare l’eventualità di un cambio di direzione immediato. Se il rapporto è già in piedi da tempo, allora è necessario armarsi di pazienza, nervi saldi e una buona carica di purezza affettiva, in quanto l’uscita di scena ci renderà responsabili della fine del rapporto agli occhi di chi ci sta di fronte, di certo non interessato a lasciarci andare.


IL SENSO DI INFERIORITA'

Una malattia energetica che colpisce molte esistenze è proprio il senso di inferiorità, costantemente in primo piano in molti di noi, e da non confondere con la semplice sfiducia. Questa malattia ci impedisce di affrontare la vita con spensierata disinvoltura e, nella maggior parte dei casi, ci costringe a scelte non solo discutibili ma spesso fortemente limitanti.

Il senso di inferiorità nasce dalla combinazione di due malattie energetiche di base, quali il giudizio e l’attaccamento. Si esprime manifestando i propri errori del passato e aggrappandosi mentalmente a tutte quelle condizioni che possono raffigurare concretamente i nostri insuccessi per poterli così perpetuare nel tempo.


Il principale problema del senso di inferiorità è la manipolazione mentale che genera nel nostro profondo, di fronte alle scelte e alle persone. Dal punto di vista decisionale, essa non ci permette di operare liberamente e ci pone in secondo piano davanti alle situazioni ed agli eventi della vita. In breve, non ci fa rendere partecipi e protagonisti della nostra stessa esistenza. Le scelte saranno sempre timorose e sbiadite, inoltre cercheremo costantemente personalità più incisive da seguire come modello, così da voler sempre sembrare a qualcun altro, piuttosto che essere noi stessi.


Per quanto riguarda le persone che si relazionano con noi, imponiamo loro un ruolo che sarebbe meglio evitare, costringendole a porsi come superiori, come insegnanti o semplicemente come pilastri ai quali sorreggersi, sebbene senza alcun motivo valido. Il senso di superiorità che nasce in loro, pertanto, non viene generato da un inconscio delirio di onnipotenza, bensì dalla nostra necessità di mantenere un ruolo livellare ove questi si trovano sopra di noi nella scala gerarchica dei valori. L’importanza attribuita alle persone che ci circondano potrebbe essere rifiutata ma ciò comporterebbe non poche conseguenze negative. Queste persone, infatti, rifiutando il loro ruolo, ci autorizzano al giudizio e alla conseguente conclusione di delusione da parte nostra, che tante aspettative avevamo posto su di loro, mortificando ed amplificando lo stato di incapacità personale nelle scelte. È chiaro, quindi, che il senso di inferiorità provoca il conseguente senso di superiorità negli altri, ma, ancor peggio, richiama e stimola il loro senso di dipendenza, in quanto diverremo a tutti gli effetti appendici delle loro vite. Sarà per loro indispensabile dipendere dalla nostra inferiorità e mantenere i ruoli stabiliti se vorranno proseguire i rapporti con noi.


Come già detto, il senso di inferiorità trae origine dalla combinazione di giudizio e attaccamento, pertanto, le uniche cure possibili sono il perdono e il distacco. Perdonarsi gli errori del passato, e i propri insuccessi, e distaccarsi chiaramente da situazioni, costruite sulle gerarchie di valore, sono l’unico modo per ovviare e indebolire tale malattia energetica. Di norma, le condizioni umane che andremo a ricercare saranno delle vere e proprie prove, esami continuativi a discapito di chi incontra i nostri passi, togliendo, di conseguenza, importanza a qualsiasi rapporto umano o relazione affettiva potenzialmente possibile.


L’induzione a specchio del senso di dipendenza, dovuto al nostro insito senso di inferiorità, è forse il problema maggiore, in quanto provoca e stimola le malattie energetiche di rancore e abbandono negli altri, senza richiedere loro un personale e rispettoso permesso.


IL SENSO DI COLPA

È la malattia energetica più ambita in virtù degli aspetti apparentemente positivi che porta viziosamente in grembo. È fin troppo spesso enfatizzata ed elogiata negli spunti cinematografici, come punto di partenza per le grandi imprese e gli altrettanto fiabeschi amori perfetti del grande schermo. In realtà, è una malattia dalla quale diffidare intimamente e deve essere valutata con ponderata cautela, in quanto portatrice di squilibri interiori non indifferenti, con conseguenze distruttive e a volte incolmabili.
Il senso di colpa nasce dalla congiunta azione di due specifiche malattie energetiche, il giudizio insieme all’abbandono, le quali, cooperando assiduamente, provocano uno spirito lascivo e rassegnato, nonché abbattono volontariamente ogni qualsivoglia difesa personale per lasciare il passo ad un atteggiamento negativo, autodistruttivo e, successivamente, aggressivo e violentemente egoistico.


Questa malattia energetica complessa a due componenti, si esprime e si manifesta con una sincera e profonda convinzione, che ci costringe a pensare di essere la causa attiva del malessere comune di coloro i quali ci circondano. Una convinzione che pone l’accento sulla nostra cattiva fede quotidiana, che mette in risalto le nostre colpe come causa scatenante e che dimostra, nel nostro intimo, quanto di più negativo possiamo offrire di noi stessi, seppur senza volerlo. Tutto ciò, tuttavia, è a ben vedere improbabile e il più delle volte totalmente privo di fondamento.


Cercare un rimedio al senso di colpa è inutile, le sue radici provengono dal giudizio e dall’abbandono ed è lì che bisogna porre rimedio. Il perdono e la sincerità sono, pertanto, le uniche cure possibili, da seguire con massima attenzione anche nelle piccole cose di tutti i giorni, soprattutto quelle che potrebbero passare inosservate o prive di valore.


Il senso di colpa consiste sempre di due fasi ben distinte: la mancata attenzione e la riflessione concreta. La prima fase si manifesta con una necessaria disattenzione autoindotta, sebbene apparentemente involontaria, che ha lo scopo di generare eventi, azioni o reazioni tali da creare un danno a qualcosa o a qualcuno, mentre la seconda fase consiste dell’accorgersi dell’inspiegabile e imperdonabile mancanza personale e del considerarsi totalmente colpevoli, a volte raggiungendo limiti che possono sfiorare e oltrepassare la mortificazione ingiustificata.


Oltre al nostro malessere, lo scopo del senso di colpa, che ovviamente è creato dalla nostra mente, è di seminare e alimentare il vittimismo in chi si relaziona con noi. Questi, dopo una prima fase dove veniamo intensi come persone integre, giuste e democraticamente equilibrate, si indispongono considerevolmente nei nostri confronti stizziti dall’eccesso della nostra debolezza, fino a sentirsi effettivamente vittime di un sistema da noi finemente studiato allo scopo di generare in loro confessioni dettate e non significative. Quindi, una strategia autolesionista e velleitaria, nella sua assenza di difese, che induce gli altri a non affondare colpi nella nostra direzione, stressando mentalmente chiunque fino a farlo scaturire nel vittimismo più radicato. La nostra naturale e successiva reazione sarà rabbiosa e fortemente egoistica, in virtù del nostro precedente senso di equità fin troppo responsabile.


Di conseguenza, si può affermare che il senso di colpa trova sbocco dalla comune azione del giudizio e dell’abbandono e stimola, in chi ci sta di fronte, l’attaccamento e il rancore, provocandone la quasi immediata manifestazione.


Si ben comprende l’azione a specchio del senso di colpa e del vittimismo, intimamente legate, le quali collidono in un vortice, accuratamente celato, a fronte della nostra ignara inconsapevolezza.


Perdono e sincerità sono la via per togliere peso al senso di colpa e, al contempo, sgravare gli altri dall’onere del vittimismo indotto.


IL VITTIMISMO

È una malattia energetica che colpisce la maggior parte di noi, spesso ne siamo consapevoli, ma altre volte no. Risulta inoltre difficile riconoscere il confine tra vittimismo e giustificata lamentela, tanto differenti per forma quanto simili nell’aspetto. Sebbene offra conseguenze rilevanti, è una malattia energetica che di norma non viene considerata pericolosa, stabilendo come soluzione sufficiente una risposta di per sé simile all’ironia. Tuttavia, sarebbe consigliabile porre maggiore attenzione ed intervenire il prima possibile, onde evitare un duro prosieguo che potrebbe lasciare impronte ben più marcate.

Il vittimismo nasce dalla congiunta azione di due malattie energetiche, quali l’attaccamento e il rancore, che combinate insieme manifestano tale forma complessa. Si esprime con una dirompente e profonda convinzione personale, che dona la certezza della propria condizione di parte lesa a fronte di eventi esterni.


Focalizzarsi sul vittimismo, per trovarne una soluzione ottimale, è totalmente inutile. Le sue radici sono indirette, quindi sparirà solamente dopo aver sradicato l’attaccamento e il rancore dalla nostra vita; quelli devono essere i principali bersagli. Pertanto, la cura necessaria è il distacco insieme alla fiducia, non esiste altro modo o via alternativa.


Il vittimismo si esprime in due forme differenti: diretto o indiretto.
Il vittimismo è diretto quando si manifesta immediatamente in risposta all’evento generante. A prescindere dall’entità e dalla vera natura del caso, ogni azione o reazione a cui assistiamo apparirà negativa e dannosa nei nostri confronti. Il vittimismo indiretto, invece, è una forma più complessa e più evoluta che consiste di una prima fase iniziale, dove si manifesta volontariamente una spiccata predisposizione a leggere ogni evento come positivo, quanto la capacità di interpretare la buona fede nelle altrui azioni o reazioni negative subite, ciò per scaturire poi, in una seconda fase, nella sua naturale forma diretta, amplificata e caratterizzata dal rinfacciare continuamente situazioni passate, inizialmente ignorate e non considerate volontarie.


Lo scopo principale del vittimismo è quello di generare il nostro malessere interiore, boicottando così una possibile presa di coscienza, e contemporaneamente fomentare il senso di colpa nelle persone che si relazionano con noi, stimolando, di conseguenza, il loro giudizio e abbandono.


Se riteniamo, pertanto, di soffrire di tale malattia energetica, è opportuno trattenere eventuali intenzioni negative e moderare le caratteristiche lamentele, operando, nel frattempo, sulle cure disponibili per l’attaccamento e il rancore, cioè distacco e fiducia.


Se, invece, ci troviamo di fronte a persone che mostrano chiari segnali di vittimismo, è necessario scoraggiare ogni sua forma ed evitare qualsivoglia atteggiamento di rinuncia, da parte nostra, a favore di un nostro conseguente senso di colpa, ingiustificato ed immotivato, nonché profondamente distruttivo.









(Fonte: http://www.sophiaalchemica.com/)

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