mercoledì 13 agosto 2014

diario di una ragazza indaco




Le malattie energetiche 

ed il nostro approccio ad esse


Seconda Parte








Il nostro sistema energetico è alla base del funzionamento del nostro essere fisico, mentale, emozionale e anche spirituale. Nel momento in cui i nostri centri energetici perdono il loro equilibrio, gli effetti di ciò si ripercuotono sul nostro essere ad ogni livello e in ultima analisi a livello fisico generando malattie.


Di seguito saranno citate varie "forme" e meccanismi emozionali che possono causare e manifestare i vari squilibri energetici nell'essere umano.




L'ABBANDONO

La quarta tra le malattie energetiche è l’abbandono. Sebbene meno radicata e più visibile del rancore, questa malattia mostra notevole resistenza all’intimo confronto, in quanto viene spesso facilmente confusa e considerata come attaccamento. Pertanto, benché in realtà si appoggi su principi assai differenti e nonostante la sua semplicità di manifestazione, è sostanzialmente molto diffusa, boicottando le decisioni nella vita di parecchie persone.

L’abbandono può essere espresso e vissuto nei confronti del proprio partner, dei genitori o dei figli, sia in forma attiva, dove siamo noi che abbandoniamo qualcuno, sia in forma passiva, dove noi ne siamo le vittime. Ciò comporta un atteggiamento quotidiano influenzato dalla paura dell’essere abbandonati o dell’abbandonare, così da provocare scelte di vita, di dialogo o sentimentali fortemente condizionate, allo scopo di evitare l’incorrere di una simile condizione. È abbastanza ovvio come possa essere facilmente considerata attaccamento, benché non lo sia affatto.


La principale differenza tra l’attaccamento e l’abbandono riguarda l’atteggiamento e il comportamento nella fase immediatamente successiva al verificarsi di un evento generatore. Per fare un esempio che possa rendere più semplice la comprensione, si può porre attenzione ad un caso classico: una donna, o uomo che sia, che si impegna affinché una persona si invaghisca di lei, o di lui, può soffrire dell’attaccamento che verrà espresso in termini pratici durante la realizzazione dello scopo ma successivamente, appena ottenuto il risultato desiderato, l’interesse andrà ad affievolirsi fino a cadere nell’ombra; nel caso dell’abbandono, invece, una volta raggiunto lo scopo l’atteggiamento sarà totalmente differente, tanto che l’interesse anziché affievolirsi si incrementerà notevolmente e risulterà difficile qualsiasi tipologia di allontanamento o distacco, sia da parte sua che dell’altro, o altra. C’è da dire, inoltre, che di norma chi soffre dell’attaccamento ricerca continuamente nuove situazioni a cui attaccarsi, vivendo con dolore la mancanza del possedere, mentre chi è vittima dell’abbandono è di base restio allo stimolo di nuovi possessi, ciò propriamente dovuto al malessere che si radicherebbe all’eventuale realizzazione del desiderio. L’attaccamento, pertanto, provoca dolore nella fase prima della realizzazione del desiderio, mentre l’abbandono ci rende la vita difficile nella fase che inizia con la realizzazione del desiderio stesso.


Alla luce di quanto detto, è importante peraltro essere coscienti che l’abbandono non riguarda solo eventuali partner, genitori o figli, ma trova sbocchi ben più gravi, pesanti e meno visibili anche nelle amicizie, negli oggetti che ci appartengono, nelle situazioni e in ogni condizione che possa donarci un piacere ma che mostri la prospettiva che possa avere un termine.


È opportuno, quindi, verificare i casi con particolare attenzione, ben concentrati su sé stessi e sulle proprie reazioni emozionali, proprio per evitare inutili confusioni che farebbero peggiorare il nostro stato d’animo e ci impedirebbero la nostra naturale presa di coscienza.


Come per le malattie energetiche precedenti, anche in questo caso il fisico potrebbe essere colpito da qualche somatizzazione. Nel caso specifico dell’abbandono, appunto, la ghiandola referente è il timo, mentre le patologie e i disturbi si possono verificare nei polmoni, nel cuore, nelle braccia e nelle mani, anche a distanza di tempo; un caso molto classico, immediato e parecchio diffuso, sono le mani perennemente fredde e arrossate.


L’unica cura possibile per questa malattia energetica è la sincerità, intesa come modello nella propria vita e nelle situazioni che incontriamo o ci appartengono. Evitare di proporre, o subire, eventuali bugie è una via sufficientemente semplice e immediatamente produttiva, come soprattutto smettere di raccontare a sé stessi pantomime inesistenti e prive di significato, quantomeno nocive e totalmente distanti dalla verità esistente che ci circonda. È bene, quindi, essere coscienti che il distacco è una normale situazione di vita e non ha alcun nesso comune con il mentale abbandono.

IL GIUDIZIO

La terza tra le malattie energetiche è il giudizio. Per certi versi è di sicuro la più facile da rilevare e non oppone particolare resistenza ad una eventuale analisi, ma, sebbene semplice da scovare, rimane comunque piuttosto complessa e radicata, legata a molteplici forme di manifestazione che si esprimono in altrettante situazioni completamente diverse tra loro.

Il giudizio è di sicuro la malattia energetica più diffusa che di norma ci accompagna già dai primi anni di vita e ci viene programmata inconsciamente o volontariamente dalla famiglia, dalle istituzioni, dalla società e da ogni genere di attività che in qualche modo possa influenzarci.


La forma più comune e semplice da trovare è il giudizio nei confronti delle altre persone, ad esempio amici, colleghi, parenti, come anche nei confronti di passanti e sconosciuti. Inoltre, ancor più prepotente è il giudizio verso sé stessi, il quale, se tanto più forte e radicato, genera il pregiudizio verso il mondo esterno.


È importante, però, non confondersi e non credere che questa sia la sua unica forma espressiva. Il giudizio, infatti, trova nido anche in altre situazioni molto meno immediate, come ad esempio la scelta dei vestiti da comprare o da indossare, nell’invidia o nella gelosia verso altre persone più o meno a noi vicine, nell’insicurezza e nel dubbio di fronte alle scelte e agli eventi che insinuano la nostra vita, nella scelta del partner, nel valutare la nostra vita e la nostra condizione quotidiana simile, oppure opposta, a quella che ci viene imposta dai media che istintivamente e mentalmente governano ogni nostra azione, negli atteggiamenti e comportamenti che assumiamo come ideali per partito preso, sebbene senza mai aver eseguito una vera e propria analisi per valutare la validità o veridicità della loro natura, nelle spropositate regole che imponiamo e che regolarmente non possono essere rispettate. Questi, ovviamente, sono solo gli esempi più comuni e maggiormente diffusi, ma ci sono tantissime altre forme espressive che dovrebbero essere prese in considerazione, scendendo nella profondità della loro origine.


Come nel caso dell’attaccamento e del rancore, anche il giudizio è una malattia energetica che provoca manifestazioni patologiche e disequilibri a livello fisico. In questo caso si possono riscontrare problematiche che riguardano la ghiandola del pancreas, anche a distanza di tempo; appartengono al giudizio tutti i disturbi legati al sistema digestivo, al fegato, alla milza, allo stomaco e all’intestino tenue. Pertanto, in presenza di tali disfunzioni, possiamo avere la certezza di essere di fronte alla manifestazione del giudizio insito in noi.


L’unica cura possibile è il perdono. Il giudizio infatti trae origine da errori, sbagli o provocazioni del passato che non abbiamo perdonato o che non ci siamo perdonati. Eseguire un percorso a ritroso nella propria vita, navigando con distacco tra i ricordi più offuscati e nascosti che ci appartengono, consente di esaminare quelle situazioni ed eventi scatenanti che non abbiamo ancora risolto e che hanno fatto scaturire la forma del giudizio nelle sue espressioni. Il nostro passato è zeppo di tali situazioni, comportamenti e atteggiamenti, tanto da passare quasi inosservate, come fossero normali. Ebbene, è proprio su queste che si rende necessario concentrarsi e perdonare, oppure perdonarci, eventuali dolori provocati volontariamente o involontariamente.


Infine, concludo dicendo che il giudizio ci toglie la possibilità di scegliere e di vivere in armonia con tutto ciò che ci circonda. È una malattia generata dalla mente per farci sentire piccoli e soli, mentre agli occhi del mondo ci mostriamo forti e sicuri, allontanandoci ancor più da chi ci può sostenere ed aiutare.
La conseguenza del giudizio, infatti, è la solitudine, cioè il primordiale fallimento.



IL RANCORE

La seconda tra le malattie energetiche è il rancore. Tale condizione ci assedia dalle viscere del nostro essere, ci attanaglia continuamente e ci offre una visione distorta degli eventi che fanno parte della nostra vita. È una malattia sfuggente, difficile da interpretare e ben nascosta dietro il pesante recinto delle giustificazioni.

Il rancore è quello stato d’animo che ci accompagna continuamente come forma ostile, davanti ad ogni situazione o azione, nostra o altrui. Ci rende negativi, nervosi, irascibili, sebbene, a ben vedere, senza alcun motivo. Il pessimismo e la diffidenza ne fanno parte e ne rappresentano le due forme fondamentali, ma anche la persistente fretta quotidiana e il pregiudizio, quest’ultimo come forma ibrida tra rancore e giudizio mescolati fra loro. Oltre alla premura, appartiene al rancore anche il dubbio, nonostante sarebbe meglio parlare di principale effetto, piuttosto che di appartenenza vera e propria.


Il rancore è come l’acqua, ci logora da dentro, costantemente, giorno dopo giorno, senza darci nemmeno la facoltà di accorgersi della corrosione interiore. Tanto lentamente, quanto inesorabilmente, si pospone tra noi e gli eventi, colorandoli di colori grigi, pesanti, negativi, fino al punto di rendere quasi non necessari gli eventi stessi, in quanto già negativamente vissuti nella nostra mente.


Il rancore è l’indisponenza di fondo che ci caratterizza, quello sguardo ostile che offriamo a chi ci contraddice prima ancora che lo faccia, ma è allo stesso modo il dare più valore e importanza agli aspetti negativi rispetto ai pari positivi, presupporre che ogni nostra azione dannosa sia giustificata dalla negativa volontarietà nelle azioni altrui, quelle passate o quelle sicuramente future.


In quanto malattia energetica, il rancore provoca lo sviluppo di scompensi fisici che si possono riscontrare nelle ovaie o nei testicoli, a livello ghiandolare, e tutte le disfunzioni o patologie che colpiscono il ventre, i reni, il fegato, il sistema riproduttivo, il sistema circolatorio e la vescica.


L’unica cura possibile per tale malattia energetica è la fiducia. Riprendere fiducia in sé stessi e negli altri è quantomeno importante e di basilare necessità, ovviamente non senza porre la giusta attenzione, volta per volta. Il pregiudizio, già di per sé, compromette la fiducia e non promuove alcun genere di unione, se non per goderne del successivo e preordinato fallimento. Il rancore, infatti, si autoalimenta obbligandoci a relazioni inutili, pericolose e destinate al termine, così da poter potenziare la morsa sulle nostre convinzioni.


Si può concludere dicendo che il rancore, a differenza di altri casi, non ci toglie alcuna possibilità di scelta, semplicemente influenza le nostre decisioni che, per partito preso, saranno sempre le più negative e controproducenti.


Di norma, è una malattia che vive incontrastata all’ombra di un’altra, o di altre, proteggendola da un nostro eventuale tentativo di presa di coscienza. È per questo motivo che si rende necessaria una profonda ribellione verso il rancore, in quanto rappresenta il nemico più difficile da raggiungere, ben celato nell’oblio dei nostri errori e dei fallimenti personali, che toglie la voglia e la sicurezza in noi stessi per il nostro miglioramento interiore. È l’arma vincente della mente. Necessita di tenacia e perseveranza.


L'ATTACCAMENTO

La prima tra le malattie energetiche è sicuramente l’attaccamento. Tale malattia ci condiziona la vita in ogni momento, generando l’estremo bisogno dell’avere. La necessità costante e impellente di comprare e ottenere pregiudica le nostre azioni, che divengono, così, involontariamente ossessive e fuori da ogni possibilità di controllo da parte nostra.

L’attaccamento nasce dalle forme di rinuncia e repressione restrittiva del desiderio, di norma avvenute nel nostro passato soprattutto da bambini. Tale condizione provoca una sempre maggiore inclinazione al possedere che negli anni successivi si fa via via più incalzante. L’attaccamento rappresenta il possesso e da esso viene soddisfatto, quindi non ha nulla a che vedere con l’utilizzo o l’utilità, bensì si tratta di un mero ottenere e avere, anche se disinteressato e immotivato.


L’estremo desiderio di shopping, sia al maschile che al femminile, è certamente l’indicatore principale, così come il cambiare partner di frequente, la noia e l’apatia quasi fastidiose nelle faccende abituali, nello studio o nel lavoro, la gelosia nei confronti di persone di cui non siamo realmente interessati, l’invidia per chi ha qualcosa o qualcunoche noi non possediamo, anche se in verità sappiamo bene non essere così importante per noi, sono tutti sintomi dell’attaccamento. Si può aggiungere anche la necessità interiore di primeggiare e di essere considerati per quel che si fa piuttosto che per quel che si è, caso forse ancor più frequente.


A parte l’aspetto fastidioso che potrebbe provocare in chi ci sta di fronte, non ci sarebbero particolari problematiche di sorta, purtroppo, però, questa malattia energetica, al pari delle altre, viene somatizzata dal corpo così da provocare nel campo fisico degli scompensi più o meno gravi. L’attaccamento viene esteriorizzato nel corpo con disfunzioni legate alle ghiandole surrenali, inoltre può provocare malanni, dolori o patologie riguardanti le gambe, i piedi, le ossa in generale e l’intestino crasso. Ogni squilibrio o disfunzione in tali organi è la conseguenza dell’attivazione dell’attaccamento.


L’unica cura energetica possibile è il distacco. Per distacco si intende la comprensione cosciente dell’inutilità di quanto si vuole ottenere e della conseguente condizione di breve soddisfazione, priva di qualsiasi necessità.
Ciò non significa che è indispensabile rinunciare, anzi è quantomeno importante evitare ulteriori rinunce e restrizioni repressive, proprio per evitare di sovraccaricare e amplificare la malattia stessa. Piuttosto è bene essere coscienti della condizione di attaccamento, rendersi consapevoli della situazione e dall’azione che percepiamo espandersi dentro di noi come un bisogno impellente, e successivamente fare la scelta che più sentiamo positiva, cioè ottenere per trovare il distacco in un secondo momento, nel caso l’attaccamento abbia mantenuto la sua morsa, oppure distaccarsi fin da subito, evitando l’azione stessa, ma in questo caso deve essere una scelta per cessazione del bisogno e non certo per rinuncia.


L’attaccamento ha radici profonde, si rende, pertanto, necessario un lavoro a lunga gittata per poter annullarne gli effetti, dovuti a molti anni di rinunce e condizionamenti derivanti da un sistema che ci assedia continuamente, ogni giorno con esempi sempre più convincenti e a volte anche fin troppo difficili da scoprire. Con pazienza, costanza, presenza e un po’ di attenzione, piano piano si possono ottenere risultati eccezionali, anche insperati, e, a livello fisico, vi accorgerete di come le patologie andranno via via scomparendo senza alcuna privazione.



(Fonte: http://www.sophiaalchemica.com/)

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